Con il progredire della crisi climatica, le sciate di fine e inizio anno potrebbero diventare un miraggio persino sfruttando la neve artificiale.
Le vacanze sulla neve sono per molti una tradizione irrinunciabile delle festività invernali, ma le condizioni che le rendono possibili potrebbero non durare a lungo.
Da qui a fine secolo, la situazione climatica renderà le piste innevate un paesaggio sempre più raro, persino se per imbiancare i pendii si userà la neve artificiale. Lo sostiene uno studio dell’Università di Basilea che ha provato a immaginare il futuro di un noto resort sciistico delle Alpi svizzere.
Gli scienziati hanno raccolto dati sui pendii dell’Andermatt-Sedrun-Disentis, il più grande comprensorio sciistico della Svizzera con i suoi 100 km di piste; hanno considerato dove occorre la neve artificiale e quanta acqua si utilizza per ottenerla, quindi confrontato queste informazioni con gli ultimi scenari climaci e le proiezioni per le future precipitazioni.
L’obiettivo era capire se, nel 2100, l’area riuscirà a garantire una stagione sciistica di almeno 100 giorni, con o senza neve artificiale.
Se non si abbattono le emissioni di gas serra, la neve a dicembre e gennaio nell’area non sarà più garantita. I cannoni spara-neve potranno in parte risolvere il problema, almeno nelle zone più elevate del comprensorio (sopra i 1.800 metri), ma non del tutto.
Le temperature potrebbero infatti non essere rigide a sufficienza per garantire la formazione di neve artificiale. «Molte persone non realizzano che servono specifiche condizioni climatiche per produrre questo tipo di neve», spiega Erika Hiltbrunner, autrice dello studio. «Non deve esserci troppo caldo né troppo umido, altrimenti non avverrà un sufficiente raffreddamento per evaporazione che faccia congelare nell’aria l’acqua spruzzata e la faccia ricadere sotto forma di neve».
Anche per l’innevamento tecnico servono infatti determinati requisiti di temperatura e umidità dell’aria. Più secca è l’aria e più sono fredde l’aria esterna e l’acqua utilizzata, più questo processo è efficiente. Se le temperature salgono o l’aria è molto umida, produrre neve artificiale diventa antieconomico.
Alcuni (sempre meno) fortunati turisti continueranno a sciare, spostandosi sempre più in quota, ma a costi – soprattutto ambientali – esorbitanti. A causa delle temperature sempre meno rigide, per garantire piste sicure sulle quali sciare, si dovrà usare molta più acqua per produrre neve artificiale.
Solamente nel resort studiato, il consumo aumenterà dell’80%: in un inverno medio verso il 2100, si useranno per produrre neve 540 milioni di litri d’acqua rispetto ai 300 milioni attuali, e questo senza considerare gli inverni più estremi, caratterizzati da pochissime precipitazioni nevose.
Oltretutto si porrà il problema di dove attingere tutta quest’acqua. Oggi quella per il comprensorio analizzato viene prelevata dall’Oberalpsee, un vicino lago nel Canton Uri che offre al massimo 200 milioni di litri all’anno per questo scopo. Ma lo stesso specchio d’acqua rifornisce anche l’area di energia idroelettrica: qui come altrove, si creerà quindi un conflitto sui diversi utilizzi delle riserve idriche, probabilmente sempre meno abbondanti per via del clima che cambia.
Per tutte queste ragioni, i costi degli sport sulla neve potrebbero aumentare considerevolmente, e rimanere appannaggio di pochi. «Prima o poi, le persone con stipendi medi non saranno più in grado di permetterseli», conclude Hiltbrunner.