Il calcolo non è facile se si pensa che oltre alle emissioni di gas serra legate alla produzione, va considerato il consumo energetico. E i giocatori? Negli Usa utilizzano il 2,4% dell’elettricità domestica, più di quanto assorbono congelatori o lavatrici
Ogni tanto vengono chiamati in causa perché anche loro, come qualsiasi dispositivo digitale, producono emissioni di gas serra. Le console di gioco, come i server che servono per ospitare i videogame online, hanno un costo in termini di CO2 sia nella fase di costruzione sia durante il loro uso per l’energia che consumano. Bloomberg di recente ha calcolato che un iPhone 14 nel complesso ne genera circa 61 chili, l’equivalente di un viaggio in macchina di circa 200 chilometri. Poco alla fine. Il risultato però va moltiplicato per i 237 milioni di smartphone prodotti da Apple nel 2021 di quel modello. Si arriva così ad emissioni di una città da cinque milioni di abitanti.
Nel caso dei videogame la questione è un po’ più complessa. Da qualche anno si sostiene che a giocare sarebbero circa tre miliardi di persone, ma è un calcolo un po’ approssimativo che tiene conto anche di chi una volta al mese ha magari aperto una app come Candy Crush. In quel caso il consumo di energia e le emissioni relative sono poche. Cambia invece se si prendono in considerazione i veri gamer, coloro che giocano su PlayStation 4 e 5, Xbox One o Serie X, su pc da casa con schede grafiche di razza e in misura minore su Nintendo Switch. Questo perché si tratta di dispositivi che, fra quelli domestici, assorbono più elettricità.
Per altro funzionano in abbinata con i televisori, anch’essi particolarmente esigenti e non a caso messi sotto la lente di ingrandimento dell’Unione europea ha deciso di bloccare la vendita dei modelli 8K, consumano quattro volte di più dei 4K, a meno che non si lavori ad una maggiore efficienza. Si arriva tranquillamente a 800 watt e prima che si trovi il modo di renderli più efficienti ci vorrà tempo. Poco male, anche perché di contenuti in 8K ce ne sono pochi.
Nel frattempo in una ricerca della Cambridge University del 2019, è stato calcolato che per una PlayStation 4 di Sony, fra le console più popolari al mondo con oltre 117 milioni di unità vendute dal suo debutto nel 2013, per produrla e spedirla dalla Cina in Europa si emettono 89 chilogrammi di anidride carbonica tutto incluso, dall’estrazione di metalli alla produzione e al trasporto marittimo. Siamo vicini alle emissioni derivanti dalla produzione di un barile di petrolio greggio negli Stati Uniti.
Poi, una volta acquistata e messa in funzione, il calcolo esatto diventa più difficile. Dipende in parte dal gioco stesso, dai server online, dal tipo di televisore. E se ovviamente una parte di queste variabili è alimentata da rinnovabili, le emissioni sono pressoché nulle. Ma per dare una misura, basterà dire che negli Stati Uniti lo studio del 2019 Toward Greener Gaming: Estimating National Energy Use and Energy Efficiency Potential, ha stimato che i videogiocatori americani assorbono 34 terawattora all’anno, più di quanto riesca a sostenere la più grande centrale nucleare del Paese, con emissioni pari a quelle di cinque milioni di veicoli tradizionali.
All’Università della California hanno scoperto che i giocatori statunitensi utilizzano il 2,4% dell’elettricità domestica, più di quanto assorbono congelatori o lavatrici. Hanno anche dimostrato che i giochi in streaming consumano anche di più energia, quindi le emissioni di carbonio potrebbero aumentare se si passa al modello dove il lavoro di calcolo viene svolto da remoto anziché su singole console, come sta già accadendo oggi con alcuni servizi streaming.
Ma come fanno notare da più parti è un’attività che impatta relativamente poco rispetto ad altre, dal trasporto alla stessa produzione di energia. Questo però non giustifica i pochi fatti da quest’industria in fatto di sostenibilità, soprattutto se la tendenza continua ad essere quella di avere prestazioni sempre più elevate in termini di qualità della grafica che porta inevitabilmente a console sempre più potenti.