Tina e Milo, scelti per rappresentare Milano Cortina 2026, sono esemplari di una specie sempre più a rischio sul nostro arco alpino
Loro ancora non lo sanno, ma hanno una responsabilità importante: far accendere le luci dei riflettori su una specie di cui sappiamo ancora troppo poco. E che, complici gli effetti del global warming e il progressivo scioglimento dei ghiacciai sulle nostre Alpi, l’unico sito del nostro paese in cui sono presenti, rischiano fatalmente di scomparire. Non è un caso quindi che Tina e Milo, siano gli ermellini scelti come mascotte per rappresentare i Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026: l’una ha il manto bianco (invernale), l’altro marrone (estivo), in linea con una delle caratteristiche più singolari della specie, la muta del pelo. I nomi sono i diminutivi di quelli delle due località protagoniste, Tina da Cortina e Milo da Milano.
E mentre si avviano le operazioni di merchandising che accompagneranno il prossimo biennio, con l’apprezzamento sin qui plebiscitario dei più piccoli, è il mondo della ricerca scientifica a schierarsi a favore della scelta. “La scelta di due ermellini come mascotte delle Olimpiadi invernali mi ha sorpreso: gli ermellini, del resto, non sono i tipici animali di cui si parla spesso, anzi non se ne parla mai. – spiega Sandro Bertolino, che insegna Conservazione dei Vertebrati al Corso di laurea magistrale in Biologia dell’Ambiente dell’università degli Studi di Torino – Speriamo che una crescente popolarità aiuti a favorire, e soprattutto finanziare, la ricerca su una specie così singolare, per la quale non esiste un censimento delle popolazioni alpine. E chissà che la Regione Lombardia o altri non ne approfittino, a questo punto“.
“Del resto, – prosegue Bertolino – quando i grandi eventi scelgono come mascotte animali, più o meno noti al grande pubblico, assistiamo tradizionalmente a una crescita dell’interesse da parte dei cittadini e, in più di un caso, alla sensibilizzazione collettiva dei decisori politici affinché adottino misure di tutela più efficaci”. L’esempio più emblematico? Il bolita o apar (Tolypeutes tricinctus il nome scientifico), un armadillo diffuso in Brasile, scelto come mascotte dei mondiali di calcio in Brasile del 2014. “Uno studio ha per esempio registrato notevoli picchi di ricerca di questo nome sul web – misurato attraverso l’indice Google Trends che dà traccia delle ricerche online – quando la mascotte è stata annunciata e durante i mondiali. La popolarità della mascotte ha portato anche all’istituzione di un’area protetta per proteggere l’armadillo. Nel caso dell’ermellino non serve l’istituzione di nuove aree protette sull’arco alpino, dove sono già presenti molti parchi nazionali e regionali: quel che sarebbe utile è un sostegno all’approfondimento degli effetti del cambiamento climatico su una specie che popola i boschi di conifere e le praterie alpine rocciose. La nostra ipotesi, da verificare e speriamo smentita, è che il riscaldamento climatico in corso possa relegare la specie alle quote più alte – come abbiamo registrato recentemente per un’altra specie tipica delle praterie alpine, la lepre variabile – con conseguente riduzione delle aree di diffusione e delle popolazioni”. Chissà, allora, che come per il bolita brasiliano, le due mascotte delle olimpiadi invernali non portino altrettanta fortuna agli ermellini italiani.
Non che la scelta sia direttamente legata a questo scopo conservazionistico, naturalmente. Tina e Milo sono nati da una lunga fase creativa che, attraverso la collaborazione tra il Comitato Organizzatore e il Ministero dell’Istruzione, ha visto il coinvolgimento delle studentesse e degli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Sono, dunque, il frutto di una scelta tra 1600 proposte, con un successivo sviluppo sul piano professionale e del design delle soluzioni selezionate: in finale, gli ermellini – proposti dall’Istituto Comprensivo di Taverna, in provincia di Catanzaro, e dunque a migliaia di chilometri dall’areale di distribuzione della specie – avevano avuto la meglio sui bucaneve ideati dai giovanissimi dell’istituto comprensivo Sabin di Segrate, nel Milanese.
“Abbiamo certamente apprezzato il fatto che tra le migliaia di proposte arrivate dalle scuole di tutta Italia moltissime mettessero al centro la flora e la fauna. – spiega Raffaella Paniè, Head of Brand Identity and Look of the Games – Abbiamo scelto di valorizzare e sviluppare professionalmente le proposte degli ermellini e dei bucaneve anche per i messaggi di inclusività e resilienza che gli alunni hanno trasmesso. Con le mascotte Tina e Milo vorremmo incarnare lo spirito italiano contemporaneo che guida i Giochi Olimpici e Paralimpici di Milano Cortina 2026 facendoci accompagnare verso un futuro rispettoso dell’ambiente e delle differenze, ancora più sostenibile e sempre più luminoso”.
Ma un futuro più sostenibile richiederebbe – per i ‘cugini’ di Tina e Milo – un contrasto efficace al trend che registra un vorticoso aumento delle temperature alpine. Perché gli ermellini erano sin qui segnalati dai 1000 ai 3000 metri di quota, con una maggiore prevalenza tra i 2000-3000 m, e non sappiamo ancora cosa accadrà in un futuro assai prossimo. Già, perché le temperature minime e massime sulle Alpi aumentano al ritmo di 0,5°C ogni 10 anni, secondo i dati del CNR, e con un incremento delle temperature in piena accelerazione (rispetto ai valori del trentennio 1961-1990, le medie sono cresciute di 0,3°C nel 1971-2000, di 0,5°C nel 1981-2010, e di 0,9°C nel 1991-2020). Con questo trend, va da sé che Tina e Milo rischiano grosso. “E per questo riteniamo fondamentale approfondire le nostre conoscenze sugli ermellini. – sottolinea Bertolino – Manca un vero e proprio censimento della specie e lo stesso Atlante dei mammiferi curato dall’Associazione Teriologica Italiana, e di prossima pubblicazione, con un quadro non troppo allarmante per questa specie, raccoglie dati solo di distribuzione e riferiti a più decenni, senza, ad esempio, evidenziare quel che è accaduto nell’ultimo decennio rispetto al precedente”.
Anche per questo l’Università degli Studi di Torino ha avviato, lo scorso anno, un dottorato per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ermellini: il titolare è Marco Granata, si è partiti nel Parco delle Alpi Marittime con alcune fasi preliminari di monitoraggio con fototrappole. Nella ricerca sono incluse anche le donnole, molto simili ma più piccole degli ermellini, abituate a vivere a quote più basse, anche in pianura. Nei prossimi due anni, si proverà a catturare qualche esemplare e a marcarlo, l’obiettivo è quello di approfondire l’ecologia di questi animali attraverso il radiotracking (o radiotelemetria): tecnica che consiste nel dotare gli animali di un collare con radiotrasmittente, in modo da poterne seguire a distanza l’attività con una radio ricevente.
“Infine vorremmo sviluppare dei modelli predittivi in grado di prevedere cosa accadrà agli ermellini con gli attuali trend del riscaldamento globale entro fine secolo. – spiega Bertolino – La nostra è l’unica ricerca in corso in Italia su questa specie iconica delle Alpi. Recentemente abbiamo concluso una ricerca su un’altra specie tipica delle Alpi, la lepre alpina, nota perché diventa anch’essa bianca in inverno come l’ermellino. Il risultato è che nell’ultimo decennio la lepre ha perso parte del suo areale, e la si trova quasi solo alle quote più alte. Molte specie si adattano al cambiamento climatico sulle montagne salendo di quota, ma è ovvio che oltre certe quote non potranno andare e la lepre alpina è arrivata al limite. Avere dati simili per l’ermellino, specie sin qui poco studiata, è a nostro avviso essenziale”.