Negli anni Ottanta in terra nipponica sono stati importati sempre più orsetti lavatori. Una specie aliena che sta però impattando su agricoltura ed ecosistemi
Chi è nato tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta probabilmente se lo ricorda: Rascal, il procione dagli occhi teneri protagonista del cartone animato “Rascal, il mio amico orsetto”. Andava in onda quasi quarant’anni fa in Italia con la sigla cantata da Cristina D’Avena e in tutto il mondo, specialmente il Giappone dove la serie animata “Rascal the raccoon” è nata nel 1977, ha letteralmente spopolato.
La storia di quel tenero procione adottato dal ragazzino protagonista Sterling è diventata ai tempi talmente famosa che in Giappone, dove i procioni sono considerati una specie invasiva e con pochi predatori in grado di tenerli sotto controllo, tutti volevano un piccolo Rascal. Un caso simile, per dire, a quanto accaduto con un altro cartone animato: con l’arrivo nelle sale di “Alla ricerca di Nemo” tutti i bambini volevano all’improvviso un piccolo pesce pagliaccio in acquario, tanto da alimentare il commercio illegale della specie.
Con i “Rascal” è stato lo stesso in terra nipponica: nonostante la trama della serie ruoti attorno alla difficoltà di accogliere e convivere con un animale selvaggio, fra i cittadini giapponesi c’è stato un boom di richieste e importazioni (dagli States), tanto da arrivare secondo alcuni studi a 1500 procioni importati ogni anno.
Il fenomeno nel tempo è diventato talmente impattante che in Giappone il problema dei procioni, che sono in grado di distruggere intere coltivazioni, è diventato una vera piaga, dato che molte famiglie dopo alcuni anni rilasciavano gli animali in natura, dove si sono riprodotti, perchè troppo cresciuti o aggressivi. Oggi le importazioni e il commercio di procioni sono vietati: questi animali hanno danneggiato l’80% dei giardini dei templi giapponesi e fanno danni ogni anno al settore agricolo per milioni di euro.
Da oltre vent’anni, di conseguenza, esiste un piano (come quello del governo di Hokkaido) nel tentativo di eradicarli, che però anche a causa di pochi fondi iniziali non ha funzionato. Ogni provincia si è poi mossa con diversi sistemi: da quello delle segnalazioni sino alle trappole.
Negli ultimi giorni Tokyo ha deciso però di incrementare ulteriormente gli sforzi contro i “procioni distruttivi”, istituendo una linea telefonica apposita nella capitale per segnalare avvistamenti di procioni nordamericani e lanciando una campagna simile a quella che nel tempo ha permesso di combattere l’invasione di corvi.
Secondo le stime del governo nipponico il numero dei procioni catturati solo a Tokyo è quintuplicato negli ultimi dieci anni. Anche nelle ultime settimane nella zona occidentale della grande metropoli sono state posizionate trappole apposite per tentare di catturarli: lo scopo è evitare che continuino a distruggere coltivazioni ed ecosistemi locali. Non solo: molti esemplari di questi mammiferi onnivori, spesso aggressivi, entrano nelle case facendo razzia di quel che trovano.
Di questi animali pronti a tutto pur di scovare cibo dieci anni fa ne erano stati catturati 259 esemplari: lo scorso anno solo a Tokyo erano 1282, giusto per dare un’idea del loro proliferare. Nel 2022, riportano i media giapponesi, nelle campagne intorno alle periferie occidentali di Tokyo e in altre aree rurali del paese i procioni hanno causato danni per 2,8 milioni di dollari. Sono stati visti mangiare di tutto: dalla frutta alle verdure sino ad animali considerati in via di estinzione, come alcune specie di salamandre.
Finora tutte le pratiche per tentare di arginare l’avanzata dei procioni sono state poco efficaci. “Le nostre trappole a volte vengono rotte perché anche i procioni hanno un disperato bisogno di vivere: solo una piccola parte di essi viene effettivamente catturata, quindi non siamo in grado di comprenderne la portata complessiva” hanno raccontato i funzionari incaricati delle catture.
La speranza è dunque che la nuova campagna possa nel tempo portare a ridurre il numero di procioni presenti in Giappone, anche se non sarà semplice. Dai manga agli anime come quelli dello Studio Ghibli, che sugli orsetti lavatori ha creato un dramma ambientale, questi animali oggi fanno sempre più parte della cultura giapponese, soprattutto quella legata alla fantasia. Nella realtà però sono un’altra cosa: una delle 156 specie aliene invasive e pericolose per i delicati equilibri degli ecosistemi nipponici.