Scoperta per puro caso nel 2009, la più grande diga costruita dai castori interessa un’area con un perimetro di ben due chilometri
La lista delle costruzioni da record realizzate nel nostro Pianeta si arricchisce di una nuova voce: a nomi celebri come la Grande Muraglia Cinese e le piramidi di Giza si aggiunge infatti… una diga costruita dai castori! È la più grande al mondo e si trova all’interno del Wood Buffalo National Park in Canada. Scoperta dai ricercatori nel 2009, vanta un perimetro di quasi 2 chilometri e una lunghezza di 775 metri. Non è semplicemente una meraviglia architettonica della natura, ma un luogo di resilienza contro incendi, desertificazione e perdita di biodiversità.
Le dimensioni della diga costruita dai castori più grande del mondo
Il fronte della diga supera in lunghezza i 700 metri, due volte l’Empire State Building. Ѐ conosciuta anche come “Lac St. Clair Beaver Dam” ed è il frutto del lavoro di diverse generazioni di castori che, nel silenzio, hanno modellato tronchi, sminuzzato ramoscelli e creato un fittissimo intreccio con fango e pietre. Oggi, è in grado di trattenere le acque di deflusso provenienti dalla pioggia e dal manto nevoso che si scioglie lungo le vette delle Birch Mountains. In prossimità dello sbarramento si è così venuto a creare un vero e proprio lago profondo circa un metro: potrebbe contenere fino a 70mila metri cubi di acqua, secondo il sito ufficiale del parco.
Questa imponente struttura è stata scoperta per puro caso da un team di scienziati, impegnato ad analizzare migliaia di immagini inviate dai satelliti. Lo scopo della ricerca era valutare gli effetti dello scioglimento del permafrost e i cambiamenti che stavano avvenendo nel paesaggio a causa della crisi climatica. A sorpresa, però, tra parchi e montagne spuntò anche la tipica forma a ferro di cavallo che contraddistingue le dighe dei castori.
Come costruiscono le dighe
Un arco di legno e fango che, grazie a questi ingegneri della natura, forma un muro resistente alla forza e all’erosione della corrente. Le dighe dei castori sono fondamentali per la regolazione e la tenuta dei corsi d’acqua, così come per la protezione della biodiversità.
I piccoli laghetti che ne nascono diventano una riserva idrica per i periodi di siccità e di cibo durante i mesi invernali. Non solo. Proprio come quelle costruite dall’uomo, queste barriere formano un blocco contro la corrente, contenendo o ritardando eventuali alluvioni.
Quello poi che non si vede è l’habitat che si origina da questa modifica del paesaggio. Una zona umida perfetta per il proliferare di diverse specie di insetti, uccelli, anfibi, pesci e altri mammiferi come topi e topi muschiati.
Ma a cosa servono le dighe dei castori?
Non è poi una domanda così scontata, dal momento che si potrebbe erroneamente pensare che le dighe siano la casa di questi roditori. Al contrario, le infrastrutture vengono erette proprio quando l’acqua non è profonda a sufficienza per nascondere e proteggere l’accesso alla tana da eventuali predatori, o comunque ospiti indesiderati. Il loro lavoro non finisce nemmeno alla barriera in sé: attraverso una serie di canali sotterranei drenano l’acqua in modo che la tana rimanga asciutta.
Una fortezza contro incendi e desertificazione
L’importanza del minuzioso lavoro dei castori per la resilienza del pianeta è stato dimostrato soprattutto nello stato americano dell’Idaho, durante una serie di incendi: la Sharps Fire del 2018. L’Idaho Office of Emergency Management parla di oltre 40mila ettari di foresta distrutti. Andò a fuoco tutto, tranne l’area attorno al torrente Baugh Creek, dove si erano appunto stabiliti i roditori. O meglio, dove erano stati paracadutati.
Sì, l’impresa ha dell’incredibile, ma è accaduto realmente. Diversi anni fa i castori erano quasi del tutto estinti in Nord America, a causa principalmente della caccia. Nuclei ridotti di esemplari sopravvivevano ormai solo in alcuni luoghi, tra cui appunto l’Idaho. Per agevolare la ridistribuzione ed evitare che in conflitti con le attività umane dessero il via a nuove uccisioni, nel 1948 il Dipartimento della pesca e della caccia dello Stato decise di ricollocarli in un’area più remota. Una ricollocazione che, secondo quanto riportava il Journal of Wildlife Management all’epoca era stata «complicata, molto lunga e dispendiosa».
Il trasloco forzato avvenne, appunto, attraverso lanci dal paracadute: inseriti in una piccola gabbia di legno, i singoli roditori atterrarono nella Chamberlain Basin, un bacino idrografico formato da una decina di laghi alpini e glaciali.
Svariati anni dopo si apprezzarono gli effetti. I gruppi di animali si erano a mano a mano allargati ai territori vicini, costruendo dighe, adattando l’habitat alle proprie esigenze a contribuendo ad aumentare fino a un terzo la diversità delle specie di piante presenti. Le rive del torrente Baugh Creek, in particolare, diventarono così ricchi di vegetazione e resilienti che gli incendi non sembrarono avere alcun potere su di loro. L’intera storia è forse racchiusa in una foto: una lingua verde stretta tra due lati di terra brulla.