Con i fenomeni meteo estremi più frequenti aumentano le richieste di risarcimento. Così le compagnie incrementano franchigie e premi, fino a negare le coperture
La partita della lotta al riscaldamento globale si allarga. I disastri del clima rischiano di mandare in crisi il sistema delle assicurazioni, una delle chiavi di volta dell’economia. Aumentano le richieste di risarcimento a causa degli eventi meteo estremi; le compagnie reagiscono incrementando franchigie, premi e, nel peggiore dei casi, ritirando coperture ritenute poco convenienti; le conseguenze finiscono per ricadere su cittadini e imprese.
Sono sempre di più, denunciano le associazioni dei consumatori, le segnalazioni da parte di persone che trovano difficile acquistare una polizza per tutelarsi – per esempio – dalla grandine. Negli Stati Uniti (seppur in relazione a fenomeni meteo diversi da quelli europei e tipici di quel territorio, come gli uragani) il problema ha già assunto contorni rilevanti, soprattutto nelle aree costiere. C’è un nome: uninsurability crisis. “In Florida i prezzi delle assicurazioni per le case sono triplicati dal 2019 a oggi, passando da 1.988 a 6.000 dollari in media” dice a Green&Blue Lindsay Keenan, del coordinamento europeo di Insure our future, campagna globale condotta da movimenti e ong focalizzata sulle relazioni tra settore assicurativo e clima. Tra i membri, c’è anche l’italiana ReCommon.
Certo, nella Penisola – e su questo tutti gli operatori concordano – non siamo ancora a livelli statunitensi; ma l’allerta, nel settore, è già suonata da tempo.
“Subito dopo le grandinate dello scorso luglio al nostro sportello sono arrivate diverse segnalazioni di cittadini che denunciavano di non riuscire più ad acquistare coperture per gli eventi atmosferici” denuncia Sonia Monteleone, legale dell’associazione Movimento Consumatori. “Una della prime compagnie di assicurazione italiane ha totalmente rivisto i massimali per la grandine: in sostanza, si recupera solo una frazione del valore del bene. Sempre più bassa. Di fatto, le compagnie non ci assicurano più”.
“Il fatto è – prosegue Monteleone – che non sono tenute a coprire queste tipologie di danno come, invece, accade per la responsabilità civile automobilistica. Farlo o no è una mera valutazione imprenditoriale. Nel frattempo, però, queste società continuano a macinare utili, che per i soggetti più grandi ammontano addirittura a miliardi di euro. Basta una ricerca tra siti corporate e articoli di stampa per rendersi conto delle cifre”.
Per comprendere cosa sta accadendo è utile ricostruire il funzionamento del settore. Abbiamo chiesto a Prima, Vittoria, Swiss Re di spiegare la situazione nel corso di un lavoro di ricerca durato due settimane. Contattata come principale attore italiano del mercato assicurativo, Generali, al momento dell’uscita di questo pezzo, non ha ancora risposto alle domande.
Come funziona il settore assicurativo
“L’assicurazione su grandi eventi atmosferici o naturali (definizione che comprende anche i terremoti, ndr) nasce su scala globale” spiega Massimo Bambini, a capo della divisione prezzi di Prima, insurtech italiana che opera come agenzia assicurativa. “Le compagnie cui il cliente si rivolge non riuscirebbero a gestire il rischio di fenomeni dalle proporzioni enormi, come il recente sisma in Turchia: quindi, per farlo, si riassicurano a propria volta con altre società, in grado di diversificare il rischio su scala planetaria”.
In cima alla catena mondiale di settore stanno pochi, grandi gruppi di riassicurazione: Munich Re, Swiss Re, Hannover Ruck, Canada Life Re, Berkshire Hathaway, Scor, Lloyd’s, China Reinsurance group.
“Il trend considerato da questi soggetti è quello globale – prosegue Bambini – . Mi spiego: se si verifica un uragano in una certa regione del mondo, per un riassicuratore non è un grosso problema: si registreranno perdite ingenti, ma saranno compensate poi dalla raccolta dei premi effettuata in altre aree”. È il concetto di “mutualità”, che sta alla base di tutte le coperture: ci si assicura per tutelarsi dall’imprevisto, anche se nella gran parte dei casi non accadrà proprio nulla. La somma dei premi raccolti consente, però, di risarcire chi, invece, un danno l’ha riportato davvero. Una sorta di scommessa, per le compagnie: un rischio che viene gestito facendo ricorso a complicati modelli matematici in grado di valutare la probabilità dei sinistri, e con l’aiuto di complesse clausole contrattuali.
“Nel caso del clima, il problema si determina – riprende il manager – quando la tendenza alla maggior frequenza dei fenomeni estremi si verifica contemporaneamente in tutto il Pianeta: in questo caso, non si riesce a sfruttare al meglio il concetto di mutualità”. Così, partendo dai riassicuratori, gli aumenti si trasferiscono al cliente in una reazione a catena. “Ma è difficile spiegare al pubblico che, quando crescono i risarcimenti in Florida, a pagarne le conseguenze saranno anche i clienti italiani. E viceversa”.
Dal suo studio milanese al rinnovato quartiere Portello, Matteo Campaner, direttore generale di Vittoria Assicurazioni, riflette sulla tendenza in corso. “Da almeno cinque anni osserviamo un crescita significativa dell’impatto degli eventi meteo” afferma il dirigente. “Ma se fino al 2022 avevamo identificato una tendenza all’aumento abbastanza stabile, il 2023 ha posto in crisi le nostre previsioni. Si è trattato, in Italia, di dodici mesi del tutto fuori scala per la gravità dei fenomeni registrati. La domanda che tutto il settore si pone oggi è se considerarlo un anno eccezionale, oppure la situazione sta ulteriormente peggiorando”.
“La nostra volontà di assicuratori” prosegue il manager, “è quella di continuare a garantire protezione al cliente. Ma è anche vero che noi, come peraltro tutti i soggetti che prendono parte a questa filiera, siamo tenuti a ragionare secondo logiche economiche, cercando, quindi, un equilibrio tra la protezione del cliente e la sostenibilità della nostra attività di impresa”.
Campaner conferma che qualcosa è cambiato negli ultimi tempi. “Su alcune garanzie si sta osservando una revisione delle condizioni contrattuali, tesa a limitare l’entità dei rischi [per le compagnie, ndr]; il rialzo dei premi, peraltro, non dipende solo dal fattore climatico, ma è collegato anche all’inflazione e ai fenomeni macroeconomici in atto a livello globale negli ultimi anni”.
E poi, prosegue, ci sono i riassicuratori, “che sono tendenzialmente soggetti esteri: hanno raddoppiato i costi delle coperture riducendo molto rapidamente le garanzie che prestano”. Anche, scrive Oleg Parashchak, direttore del sito specializzato Beinsure, per le pressioni degli investitori, preoccupati per i risarcimenti legati ai danni del clima e attratti dall’aumentata profittabilità di altri rami del mercato assicurativo. “Per questo ritengo molto positivo l’intervento dello Stato, che con la nuova legge di bilancio ha imposto alle imprese l’obbligo di assicurarsi contro i rischi catastrofali entro la fine del 2024: in questo modo si amplia il bacino dei clienti, condizione necessaria per sfruttare al meglio il concetto di mutualità. Perché, se dovessimo coprire solo chi è certo di avere un danno, la partita diverrebbe chiaramente antieconomica”, e quindi insostenibile per qualunque compagnia. Il sistema collasserebbe, con ripercussioni pesanti: la fiducia nel futuro, di cui i servizi assicurativi costituiscono un tassello importante, è centrale per favorire l’attività di impresa e i consumi, e quindi lo sviluppo di un Paese.