Un’analisi sulle città che offrono più copertura arborea basata sul “canopy test” per capire quali sono i fattori cruciali per la salute e l’ambiente

Ovunque voi siate provate a guardare fuori dalla vostra finestra: riuscite a vedere almeno 3 alberi? E secondo voi, all’incirca, la copertura arborea ombreggia almeno il 30% del quartiere in cui vi trovate? E ancora: c’è un parco a 300 metri di distanza?. Se a tutte queste tre domande la risposta è “sì” allora potrebbe esserci speranza – nel vostro contesto urbano – di una buona e necessaria presenza di alberi. In tempi di crisi climatica e perdita della biodiversità, sappiamo benissimo quanto le “chiome” siano importanti per le nostre vite: dalla loro funzione di mitigazione e di assorbimento della CO2, sino alla capacità di mantenere i nostri quartieri più freschi e più ricchi di specie, gli alberi insieme ad oceani ed impollinatori sono elementi naturali indispensabili per la vita sul Pianeta.

Nonostante ciò però per anni abbiamo continuato a deforestare, a prediligere solo determinate specie e a cementificare laddove prima spopolavano tronchi: il risultato, ci dice una recente report dello IUCN, Unione internazionale per la conservazione della natura, è che ad oggi nel mondo una specie su tre di alberi è a rischio estinzione. Dati che dovrebbero farci riflettere sull’importanza di lavorare di più per la conservazione delle piante.

Ad oggi è difficilissimo trovare città per esempio, nel mondo, con il giusto equilibrio di alberi presenti. Attraverso il metodo “canopy tree”, quello delle tre domande anche conosciuto come “3+30+300” e che stabilisce uno standard minimo per ottenere benefici per la salute urbana, una recente indagine di The Conversation ha mostrato come su otto grandi città esaminate solo una aveva il corretto rapporto di alberi presenti. Esaminando la copertura arborea di MelbourneSydney, New YorkDenver, SeattleBuenos Aires, Amsterdam e Singapore solo quest’ultima è risultata soddisfacente nel rispondere alla formula stabilita nel 2022 dal professore olandese Cecil Konijnendijk, colui che ha ideato questo parametro oggi sempre più utilizzato soprattutto in Europa.

Singapore è la metropoli che è riuscita a rispondere con più “sì” alle tre domande e l’analisi ricorda che per rispettare la regola 3+30+300 servono solitamente alberi “più grandi, più sani e più longevi” piantati vicini tra loro. Serve anche differenziare le specie, così come è necessario investire nella pavimentazione permeabile che consente alla pioggia di infiltrarsi nel terreno, oppure ragionare sulla gestione delle radici. Ma soprattutto serve distribuzione: gli alberi devono essere presenti in tutti i quartieri, non solo quelli più ricchi o centrali. Ed è fondamentale la tecnologia per pianificare: nella stessa Singapore, dove la copertura arborea è intorno al 50%, tramite tecnologie come la startup Greehill per esempio fanno modelli digitali dei quartieri e simulano scenari su come le piante messe a dimora risponderanno nel tempo. Per proteggere gli alberi e di conseguenza la nostra salute, ogni formula tecnologica può dunque essere utile se si considera che attualmente il 38% degli alberi al mondo è a rischio estinzione, ci dice la Global Tree Assessment della Lista rossa IUCN.

“Una valutazione completa che presenta il primo quadro globale dello stato di conservazione degli alberi e che ci consente di prendere decisioni di conservazione più consapevoli e di agire per proteggere gli alberi dove è urgentemente necessario” ha spiegato Malin Rivers, responsabile della valutazione globale degli alberi del Botanic Gardens Conservation International, ricordando che spesso è sulle isole dove si trova il più alto numero di alberi minacciati d’estinzione.