Per la prima volta, uno studio scientifico prova a stimare l’impatto sulla salute umana della scomparsa a ritmo accelerato di api e altri insetti impollinatori.
Ogni anno, le popolazioni mondiali di insetti diminuiscono dell’1-2%. Una “apocalisse”, l’ha definita una serie di 12 studi scientifici che hanno mappato il problema nel 2021. Le cause accertate annoverano cambiamenti climatici, inquinamento dovuto a insetticidi ed erbicidi, inquinamento luminoso, arrivo di specie invasive e cambiamenti nell’agricoltura e nell’uso del suolo. L’impatto antropico è quindi ‘il’ responsabile. Molto meno studiato, invece, è l’impatto del declino degli insetti sulla salute umana.
A colmare questa lacuna ci prova, per la prima volta, uno studio dell’università di Harvard pubblicato su Environmental Health Perspectives. Da questa prima ricognizione, che si concentra specificamente sugli insetti pronubi, cioè gli impollinatori, emerge un dato preoccupante. Un’impollinazione inadeguata sta causando una perdita del 3-5% della produzione di frutta, verdura e frutta secca. E la minor disponibilità di cibo sano di qualità che ne deriva sarebbe responsabile, ogni anno, di almeno 427mila decessi prematuri. In Europa l’inquinamento atmosferico fa circa 300mila morti l’anno.
“Un elemento critico mancante nella discussione sulla biodiversità è stata la mancanza di collegamenti diretti con la salute umana. Questa ricerca stabilisce che la perdita di impollinatori ha già un impatto sulla salute pari a quello di altri fattori di rischio per la salute globale, come il cancro alla prostata o i disturbi da uso di sostanze”, afferma Samuel Myers, co-autore dello studio.
Il declino degli insetti colpisce soprattutto i paesi a medio-alto reddito
Per calcolare l’impatto del declino degli insetti sulla salute umana, i ricercatori di Harvard hanno prima stimato la perdita di raccolto per alcuni alimenti fortemente dipendenti dagli impollinatori, appoggiandosi anche ai dati di una rete sperimentale di centinaia di agricoltori in Asia, Africa, Europa e Sudamerica. Quindi hanno usato questi dati per stimare l’incidenza sul rischio di una dieta più povera e sul rischio di mortalità in diversi paesi.
Il risultato? La perdita maggiore dei raccolti si verifica nei paesi a basso reddito e può arrivare anche al 10-30% del volume di raccolto normale. Ma gli effetti più evidenti e incisivi sono altrove, nei paesi a medio e alto reddito. Dove il tasso di disturbi non trasmissibili è maggiore. In particolare, a patire di più il declino degli insetti impollinatori sarebbero paesi a medio reddito molto popolosi: Cina, India, Indonesia e Russia.