Da uno studio emerge che le emissioni annue connesse agli investimenti degli individui più ricchi al mondo sono un milione di volte maggiori rispetto a quelle dei cittadini medi
Nei mesi che hanno portato alla Cop27, la ventisettesima Conferenza delle parti sul clima in corso a Sharm el-Sheikh, in Egitto, si è discusso molto di quanto lo stile di vita opulento di una ristretta élite di miliardari abbia un impatto disastroso in termini di emissioni climalteranti, vanificando i sacrifici di tanti altri. Sono anche nate pagine Instagram che smascherano i vip abituati a salire a bordo dei jet privati anche per percorrere poche centinaia di chilometri.
Una persona che ha un patrimonio di milioni o addirittura di miliardi, però, non si limita a spenderlo. Inevitabilmente, lo investe. Finora nessuno si era mai dedicato a studiare l’impatto sul clima di questi investimenti finanziari: ha voluto colmare questo vuoto Oxfam, la ong che lotta contro disuguaglianze, povertà e ingiustizia. Ne emerge una realtà sconcertante: in media, ciascuno di questi-super ricchi contribuisce a generare una quantità di emissioni di gas serra che supera di un milione di volte quella di una persona qualsiasi, collocata nel 90 per cento più povero della popolazione mondiale.
Un comune cittadino contribuisce alle emissioni di gas climalteranti, e quindi al riscaldamento globale, prevalentemente con il suo stile di vita: quale mezzo di trasporto sceglie per andare al lavoro, quanta carne mangia, con quali fonti di energia alimenta la sua casa. Quando si parla di miliardari però le cose cambiano, sottolinea Oxfam. La maggior parte delle loro emissioni – una quota compresa fra il 50 e il 70 per cento, per la precisione – è il risultato dei loro investimenti.
I ricercatori di Oxfam si sono concentrati su un campione di 125 miliardari, scelti tra i più ricchi del mondo. Sommando le emissioni dovute ai loro investimenti si arriva a un totale di 393 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Per avere un termine di paragone, sono più o meno le emissioni della Francia, un paese industrializzato con 67 milioni di abitanti. In media, dunque, ciascuno di questi Paperoni emette 3,1 milioni di tonnellate di CO2, contro le 2,76 tonnellate di una persona normale che fa parte del 90 per cento più povero dell’umanità. La differenza è dunque di un milione di volte.
Ma come si spiega un distacco così abissale? Semplice: in media, il 14 per cento degli investimenti dei miliardari va a sostenere industrie inquinanti, come i combustibili fossili e il cemento. La presenza di questi titoli nel loro portafogli è doppia rispetto a quella nell’indice Standard & Poor 500, il paniere azionario che riunisce le cinquecento aziende statunitensi con la capitalizzazione di mercato maggiore. Soltanto uno di questi super-ricchi ha investito in una società che produce energia da fonti rinnovabili. Uno su 125.
“I governi non possono più ignorare quanto sta accadendo o consentire mere operazioni di greenwashing”, sostiene Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia. “È necessario al contrario che affrontino urgentemente questo problema rendendo pubblici i dati sui livelli di emissioni di cui sono responsabili le persone più ricche. Definendo regole chiare per ridurre l’impatto delle emissioni prodotte dalle grandi aziende e tassando gli investimenti nelle società più inquinanti”. Gli autorevoli economisti Thomas Piketty e Lucas Chancel hanno proposto una tassa addizionale del 10 per cento sugli asset inquinanti detenuti dai miliardari: una misura simile consentirebbe di ricavare almeno 100 miliardi di dollari all’anno. E sarebbe anche un bel disincentivo a foraggiare chi distrugge il pianeta.